La malattia che le contiene tutte: l’Ipocondria

Preoccuparsi per le proprie condizioni di salute è una pratica assolutamente normale, tanto che la maggior parte di noi (circa il 10-20%) ha sofferto di preoccupazioni relative alla propria salute almeno una volta nel corso della propria vita. Quando però queste preoccupazioni persistono nonostante rassicurazioni e valutazioni mediche tanto da compromettere la serenità con cui viviamo le nostre relazioni a casa, a lavoro e con gli amici, ci troviamo davanti ad un disturbo clinicamente significativo.

La persona ansiosa per la propria salute, altrimenti conosciuta con il termine “ipocondriaco”, non è un simulatore o un “malato immaginario”, ma una persona che prova un fortissimo timore di essere affetto e di poter morire in breve tempo per qualche grave e incurabile malattia.

La descrizione di questo tipo di disturbo si può ritrovare già nei trattati di medicina in epoca ippocratica. Questa sindrome veniva inizialmente (ed erroneamente) attribuita a disfunzioni delle viscere addominali collocate sotto (“ipo-“) la cartilagine del diaframma costale (“-condrios”).

Le principali caratteristiche dell’Ipocondria sono:

  1. interpretare generici sintomi fisici (es. tosse, dolori intercostali, ingrossamento di noduli, ecc.) come il segno evidente della presenza di un grave problema medico;
  2. concentrare la propria attenzione sui sintomi fisici continuando a controllarli in prima persona o chiedendo ai propri cari di valutarne eventuali peggioramenti;
  3. recarsi spesso dal proprio medico di medicina generale per cercare rassicurazioni e farsi prescrivere accertamenti più specialistici;
  4. interrompere alcune attività che si credono essere potenzialmente connesse al peggioramento dei propri sintomi;
  5. navigare per molte ore al giorno su internet per confrontare la propria condizione di salute con quelle descritte sui siti di divulgazione medica (cybercondria).

Tra i fattori principali che intervengono nel promuovere questo tipo di sofferenza annoveriamo:

  1. fattori biologici: è ormai noto che i sintomi ansiosi e depressivi siano connessi ad alterazioni del funzionamento di alcuni neurotrasmettitori (es. serotonina, noradrenalina);
  2. apprendimento sociale: vivere con genitori o altre persone significative che hanno espresso spesso timori relativi a pericoli legati alla propria salute possono trasmettere messaggi e modelli che porteranno il bambino ad approcciarsi alla propria salute con ansia e preoccupazione;
  3. esperienze di gravi malattie o di morte: l’Ipocondria può scatenarsi contestualmente alla malattia o alla morte di una persona a noi cara;
  4. mass media: la descrizione imprecisa dei livelli di rischio e della sintomatologia di alcune malattie ad opera di giornali, tv, internet, ecc. possono innescare e/o aggravare l’ansia che la persona ha per la propria salute.

Come gestire la propria ansia per la salute?

Generalmente, i pazienti ipocondriaci prediligono un intervento psicologico a quello farmacologico. La prescrizione di una terapia psicofarmacologica da parte di uno psichiatra, infatti, è più difficile da accettare perché, non solo rimanda allo status di “malato mentale”, ma rischia anche di comunicare al paziente di non venire preso sul serio.

Invece, interventi di psicoterapia sembrano garantire maggiore aderenza al piano terapeutico perché sono in grado di accogliere rispettosamente il disagio della persona aiutandola gradualmente a vivere le sue preoccupazioni come tali, ovvero come eventi mentali e non come dati di fatto, e di metterle in relazione alle sue vicende di vita attuali e/o passate.

Per approfondire:

  • Piacentini, D., Leveni, D., Lussetti, M. (2011). Ipocondria, Ansia per le malattie e Disturbo da sintomi somatici. Guida per il clinico e manuale per chi soffre del disturbo. Erikson.

Laureato in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione e Professore a Contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzato presso la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Costruttivista Relazionale – Centro di Terapia Cognitiva di Como, è iscritto all’Albo degli Psicologi della Lombardia (n. 16842).

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Stefano Ardenghi

Laureato in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione e Professore a Contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzato presso la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Costruttivista Relazionale – Centro di Terapia Cognitiva di Como, è iscritto all’Albo degli Psicologi della Lombardia (n. 16842).

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