Un indovino mi disse: riscoprire la vita attraverso una consapevole lentezza

Il caso? Difficile dire che non esiste, ma in qualche modo mi andavo convincendo che gran parte di quel che sembra succedere appunto «per caso», siamo noi che lo facciamo accadere; siamo noi che, una volta cambiati gli occhiali con cui guardiamo il mondo, vediamo ciò che prima ci sfuggiva e per questo credevamo non esistesse.
(TIZIANO TERZANI)

Non se vi sia mai capitato di leggere un libro ed avere la sensazione di vivere una vita in più, di guardare per un periodo il mondo con gli occhi di un altro. “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani è uno di quei libri in cui di vite se ne vivono altre 100.

Terzani è un giornalista che ha lavorato per una testata tedesca e ha vissuto gran parte della sua vita in Asia. Nel 1976, un indovino gli predice un grosso rischio di vita nel 1993: nello specifico, gli raccomanda di non volare mai! Il giornalista, quasi come prova più che per vera scaramanzia, decide allora di non prendere aerei per quell’anno e di affrontare tutti i suoi viaggi con altri mezzi. Giappone, Cambogia, Tailandia, Birmania…mezzo mondo attraversato con lentezza. Qualcuno di noi, si sarà già irritato al solo pensiero, alla sola lettura della parola L E N T E Z Z A. Bisogna correre, sempre. Bisogna essere sul pezzo, sempre. Bisogna essere performanti e razionali, sempre.

La decisione di Terzani lo costringe a scendere a patti con la lentezza e l’irrazionale ed a riscoprirne il gusto. A vedere luoghi già visti con altri occhi. Come? Ottenere i permessi per l’ingresso nei vari paesi, i viaggi su mezzi di fortuna, le ore che servono tra navi e treni, l’arrivo in nuove nazioni da tratte antiche e non dagli aeroporti, lo COSTRINGONO a prendersi del tempo per pensare alle sue scelte, sentire un po’ di nostalgia, per osservare i colori, annusare gli odori, sentire i sapori, toccare le superfici, stare in silenzio… e ad un certo punto anche pensare alla depressione con cui era partito e che pian piano sembra lasciarsi dietro.

Oltretutto, nel viaggio è costretto a pensare a come sia lui stesso ad essersi messo in certe situazioni, ad avere così tanto aderito ad alcune credenze (come alla profezia dell’indovino) da aver fatto avverare tutta una serie di conseguenze. Per ogni luogo, la sua storia e la sua visione, la storia di un amico, di un libro, la storia del popolo, qualche tradizione, qualche incontro casuale, qualche descrizione del paesaggio: ogni capitolo, 100 storie, ogni capitolo, 100 vite in più per chi legge. E lo penso davvero.

La nostra identità, alla fine, che cos’è se non un racconto che facciamo a noi stessi di noi stessi? Quando leggiamo di un altro, quando parliamo con qualcuno e ci prendiamo il tempo di metterci davvero nei suoi panni, cerchiamo di conoscerne le radici, sentire come lui/lei sentono, quali sono le sue credenze, come percepisce il mondo, allora abbiamo anche noi una possibilità in più per rivivere, per rivedere le nostre rigidità e svelare a noi stessi i nostri dogmi, quelle cose che diamo per scontate e ci guidano nella vita in automatico.

In psicologia, l’attenzione alla percezione del presente, l’assenza di giudizio, la riscoperta della lentezza (e non solo) grazie alla meditazione sono racchiuse nella pratica della MINDFULNESS, l’esercizio alla consapevolezza. La pratica è nata proprio dall’oriente e dalle indicazioni buddhiste. Il suo interesse in ambito clinico è ampiamente riconosciuto sia per condizioni psicopatologiche già in corso, sia per prevenire disagi legati allo stress, quali ad esempio il burn-out lavorativo. Una pratica che serve a tutti, dai bambini iperattivi a chi ha una malattia fisica a chi lavora troppo.

Per le feste, vi auguro allora di imparare a prendervi il tempo per meditare, osservare i colori, annusare gli odori, sentire i rumori, gustare i sapori e toccare il mondo e di cercare ogni tanto di farlo anche come se foste qualcun altro.

Laureata in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata presso la Scuola di Psicoterapia ad Orientamento Sistemico e Socio-Costruzionista di Milano – Centro Panta Rei, è iscritta all’Albo degli Psicoterapeuti della Lombardia (n. 15580). È terapeuta EMDR.

 

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Federica Corbetta

Laureata in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata presso la Scuola di Psicoterapia ad Orientamento Sistemico e Socio-Costruzionista di Milano – Centro Panta Rei, è iscritta all’Albo degli Psicoterapeuti della Lombardia (n. 15580). È terapeuta EMDR.  

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