L’inquietante stranezza di quando le madri vacillano: la Depressione Post-Partum

Nei Paesi occidentali, così come in altre culture, la nascita di un bambino viene da sempre considerata come un evento gioioso. È un momento di festa, soddisfazione e speranza. Il vissuto privato della donna è invece spesso in netto contrasto con questa immagine idealizzata della maternità; dopo il parto, infatti, la donna sperimenta un calo dell’umore e una certa instabilità emotiva, si trova a dover fare i conti con la perdita dell’ordine, delle abitudini e della routine di vita precedente al parto. Deve far fronte alle continue richieste di attenzione e cura del neonato, per le quali molto spesso non ha ricevuto supporto e preparazione adeguati. Se a tutto ciò si sommano eventuali ulteriori difficoltà, quali la mancanza di una rete sociale e familiare di supporto, difficoltà finanziarie, conflittualità coniugale o un parto inaspettatamente problematico, lo sviluppo di sintomi depressivi è un evento al quale è frequente assistere. Questo disturbo, spesso sminuito se non addirittura negato dalla donna e dai suoi familiari, rappresenta un evento drammatico che influisce non solo sulla qualità della vita della donna e sulla sua esperienza di maternità, ma anche sul benessere del neonato che può essere esposto a situazioni traumatiche di varia natura.

A tutt’oggi, per Depressione Post-Partum o Postnatale, si intende un disturbo depressivo che si manifesta tra le 8 e le 12 settimane successive al parto, con un secondo periodo di rischio per nuovi esordi tra i 6 mesi e l’anno di vita del bambino. Tale disturbo, innescato dal parto, solitamente è di lieve o moderata gravità ed è caratterizzato da una sintomatologia sovrapponibile a quella di un quadro depressivo che si può manifestare in altri periodi di vita. Nelle società occidentali, dal 10 al 20% delle donne lo sperimenta.

Uno dei primi segnali che suggeriscono la presenza di questo disturbo è la presenza di uno stato emotivo che facilmente predispone al pianto, all’irritabilità e alla conseguente reazione di insofferenza verso chiunque stimoli una richiesta di attenzione. Il pensiero dominante è una convinta percezione di incapacità ad assolvere i doveri quotidiani, e tale vissuto può rinforzarsi e protrarsi a lungo nei mesi. Sebbene alcune manifestazioni quali stanchezza, disturbi del sonno, riduzione del desiderio sessuale siano comuni nel periodo perinatale, è necessario non trascurare i seguenti sintomi:

  • tono dell’umore basso e malinconico
  • sentimenti di inutilità, inadeguatezza e colpa (autorimprovero di non amare o prendersi abbastanza cura del bambino)
  • perdita di speranza (senso di disperazione e pessimismo) e sentimenti di inaiutabilità
  • ridotta autostima e ritiro dai rapporti sociali per paura di essere giudicata
  • risvegli precoci (prima del neonato) e incapacità di dormire anche quando il bambino dorme
  • difficoltà a fronteggiare gli impegni e perdita di interesse (apatia) e di piacere (anedonia) nelle attività quotidiane e verso il bambino
  • presenza di idee suicidarie e aggressive nei confronti del neonato

La madre depressa tende in genere a vivere in modo isolato con il suo bambino e fatica a riconoscere e ad ammettere il proprio stato di sofferenza. La donna ritiene di non avere diritto di sentirsi triste, infelice e/o depressa in un momento che dovrebbe essere caratterizzato, secondo il senso comune, da grande felicità e senso di realizzazione; se la neo-mamma riconosce la propria depressione, allora tende a giudicarsi in termini morali, e non psicopatologici, come una “cattiva madre” per il proprio bambino. La negazione dei vissuti depressivi è spesso accompagnata da quella della famiglia e del contesto socio-culturale più ampio, per i quali l’arrivo di un bambino non può che essere un evento meraviglioso.

La Depressione Post-Partum va di certo distinta da altre tre forme di disturbo psicologico legate alla perinatalità: il maternity blues (o baby blues), la psicosi puerperale e altri disturbi del post-partum.

Maternity blues

Con il termine maternity blues, coniato dal pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott per associazione alla forma musicale “blues”, nei cui testi e melodie prevale un vissuto di tristezza e malinconia, si intende un lieve e transitorio disturbo emozionale che non prevede conseguenze psicologiche a lungo termine e che in genere si risolve con una completa e spontanea remissione entro le prime due settimane dal parto. La percentuale di incidenza di tale manifestazione è decisamente elevata, oscillando tra il 30 e l’85%. Questo disturbo è conosciuto come “sindrome del terzo giorno” o “sindrome transitoria”. Le repentine fluttuazioni ormonali, che seguono il momento del parto, detengano un ruolo decisivo nell’insorgenza di tali manifestazioni depressive in seguito al parto. Generalmente, questo disturbo non richiede cure specialistiche particolari, ma un adeguato sostegno e supporto sociale, caratterizzato in particolare da una calda vicinanza emotiva, ascolto attento e condivisone dei propri vissuti.

Psicosi puerperale

La psicosi puerperale rappresenta il disturbo psicologico più grave del periodo postnatale in termini di rischio potenziale di pericolo per la mamma e per il suo bambino; può essere infatti correlato sia con il rischio suicidario che con l’infanticidio. La frequenza, tuttavia, seppur considerevole, vista la gravità del fenomeno in oggetto, non è così elevata, con un’incidenza di uno o due casi ogni mille. L’esordio è spesso brusco con sintomi che si presentano generalmente entro le prime 4-6 settimane dopo il parto e con un picco di incidenza tra il terzo e il quattordicesimo giorno. La sintomatologia prevede la presenza di episodi psicotici (ideazioni deliranti spesso paranoidi e allucinazioni), stati confusionali e di importante agitazione.  Donne con una storia di disturbo bipolare presentano un rischio elevatissimo di sviluppare una psicosi puerperale, con una percentuale che va dal 25 al 50% di scompensi successivi al parto.

Disturbo da stress post-traumatico postnatale

L’evento del parto, nonostante sia quotidiano e atteso, rientra tra quelle situazioni in cui vita e morte si avvicinano, si sfiorano e a volte anche si toccano. È un momento dove il dolore è violento, trasforma, mette alla prova, spoglia la donna e la rende impotente: vissuti che accomunano molte partorienti sono la perdita di controllo e il sentirsi morire nelle fasi di travaglio avanzato. Il disturbo da stress post traumatico postnatale si verifica con una frequenza del 1-3% e si manifesta a breve distanza dal parto con sintomi caratterizzati da una riattualizzazione della situazione traumatica attraverso pensieri intrusivi, incubi o flashback, si accompagna a disturbi del sonno, di concentrazione e di memoria, ipervigilanza e ad ansia ed irritabilità. Tra gli eventi scatenanti sono stati riconosciuti: un parto distocico, in cui la donna sperimenta un dolore intollerabile o una minaccia per la propria vita accompagnato dalla percezione di mancanza di controllo degli eventi, e scarsa empatia da parte del personale medico-sanitario.

Disturbi d’ansia e ossessivo-compulsivi nel post-partum

Nel periodo perinatale la prevalenza del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e del disturbo d’ansia generalizzato (DAG) sia superiore rispetto ai valori attesi di popolazione. In particolare, nel periodo successivo al parto le percentuali rilevate per il DOC sono comprese tra il 2,7% e il 3,9% (nella popolazione generale il 2,5%) mentre il DAG evidenzia al terzo trimestre di gravidanza una prevalenza dell’8,5% e nel postpartum percentuali comprese tra il 4,4% e l’8,2% (nella popolazione generale il 5%). Una delle ideazioni ossessive più frequenti sono quelle relative al timore di danneggiare intenzionalmente o non intenzionalmente il neonato. Il timore di attentare all’integrità fisica del figlio, che è stato riscontrato in più del 50% delle donne con DOC, è però comune anche in altre situazioni: nella depressione maggiore perinatale (40%), in neogenitori senza problemi emotivi (34%-65%) e anche nelle psicosi puerperali.

Bibliografia:

Ardenghi, S. (2012). Il disagio psicologico nel puerperio: Analisi dei fattori di rischio e della sintomatologia di un campione afferente ad uno sportello di ascolto. Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Laureato in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione e Professore a Contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzato presso la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Costruttivista Relazionale – Centro di Terapia Cognitiva di Como, è iscritto all’Albo degli Psicologi della Lombardia (n. 16842).

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Stefano Ardenghi

Laureato in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione e Professore a Contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzato presso la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Costruttivista Relazionale – Centro di Terapia Cognitiva di Como, è iscritto all’Albo degli Psicologi della Lombardia (n. 16842).

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