Quando il cellulare diventa una cella: la NoMoFobia

Quasi la metà di noi preferirebbe trovarsi nella condizione di avere un osso rotto piuttosto che avere il proprio smartphone rotto. Non lo dico io, ma una ricerca condotta da Adam Alter, professore della New York University, nonché autore del libro intitolato “Irresistible: why we can’t stop checking, scrolling, clicking and watching”. Dal suo studio è emerso che alla domanda “osso o cellulare rotto?”, il 46% ha optato per l’osso rotto, mentre il 54% che ha scelto di rinunciare al proprio smartphone, lo ha fatto a malincuore.

Adesso capite perché abbiamo ritenuto opportuno parlarvi della NoMoFobia. Questo termine risulta ancora poco diffuso nel nostro vocabolario, ma il problema a cui si riferisce è sempre più attuale e frequentemente lo si incontra sia in studio che nella vita quotidiana. Questo termine deriva da quello anglosassone nomophobia e viene usato per indicare la paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile. Questa parola è stata utilizzata per la prima volta in un rapporto ufficiale dell’ente di ricerca britannico YouGov e significa letteralmente: “no-mobile phobia”, ovvero la paura incontrollata (fobia) di non avere accesso (no) alle rete di telefonia (mobile).

Dallo studio della YouGov è emerso inoltre che:

  • Il 53% dei possessori di smartphone vive un vero e proprio stato di ansia quando “perde il proprio cellulare, esaurisce la batteria o il credito residuo o non ha copertura di rete”.
  • I livelli di stress misurati nei soggetti che soffrono di nomofobia sono molto simili a quelli generati dall’avvicinamento alla data delle nozze o dalla paura del dentista (odontofobia).
  • Il 58% di uomini e il 48% di donne soffrono di questa moderna fobia.
  • Il 55% dei partecipanti allo studio ha indicato come causa principale del proprio stato ansioso “il bisogno di tenersi in contatto con amici e familiari”, mentre solo il 10% ha dichiarato di dover essere rintracciabile in ogni momento per questioni lavorative.

Oggigiorno sono numerosissime le persone che consultano spesso il cellulare, sia per lavoro che per sentire gli amici e la famiglia. Ovviamente non tutti soffrono di Nomofobia. La categoria di persone che maggiormente soffre di questo problema sono i giovani tra i 18 e 25 anni che hanno bassa autostima e problemi relazionali.

I sintomi classici di chi soffre o è predisposto a soffrire di questo disturbo sono:

  • Portare sempre con sé un caricabatterie o un powerbank per evitare che lo smartphone si possa scaricare.
  • Controllare frequentemente il cellulare per vedere se sono arrivati messaggi o chiamate.
  • Soffrire della sindrome dello squillo fantasma, ovvero essere convinti di sentire vibrazioni o notifiche (anche se inesistenti), quando porta il cellulare nelle tasche o nella borsa.
  • Controllare costantemente il livello della batteria prima di una chiamata importante.
  • Assicurarsi che ci sia sempre credito sul proprio numero.
  • Avere più di un dispositivo o aver dato ad amici e familiari un numero alternativo per essere contattato in caso di furto, rottura o perdita dello smartphone.
  • Tenere il cellulare sempre acceso, anche di notte.
  • Andare sempre al bagno in compagnia del proprio smartphone.
  • Andare in panico quando non si riesce a trovare il proprio smartphone.
  • Evitare o sentirsi a disagio nei luoghi dove la copertura della rete è scarsa.

Laureato in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione e Professore a Contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzato presso la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Costruttivista Relazionale – Centro di Terapia Cognitiva di Como, è iscritto all’Albo degli Psicologi della Lombardia (n. 16842).

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Stefano Ardenghi

Laureato in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, è Dottore di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione e Professore a Contratto presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzato presso la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Costruttivista Relazionale – Centro di Terapia Cognitiva di Como, è iscritto all’Albo degli Psicologi della Lombardia (n. 16842).

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